Superlega-UEFA, la guerra per il calcio del futuro

Il comunicato che sconvolge il mondo del calcio nella notte tra domenica e lunedì. L’abbandono delle sei inglesi la sera di martedì. Una rivoluzione morta in due giorni con un ritorno “all’ovile” di massa. Ma siamo davvero sicuri che in questa battaglia ci sia un buono e un cattivo?


di Matteo Pifferi – DataSport

Nella notte tra domenica e lunedì è scoppiata una guerra vera e propria che ha diviso il mondo del calcio in due fazioni. Da una parte la Superlega, guidata da Florentino Perez e Andrea Agnelli e con il supporto di dodici tra i club più vincenti, blasonati e tifati del mondo. Dall’altra la Uefa, la Fifa, gli organismi calcistici nazionali e la politica. Il progetto ha scatenato nell’immediato reazioni molto contrarie da parte della quasi totalità degli appassionati di calcio. Polemiche alimentate ed amplificate dai social, come oramai avviene per ogni questione sul nostro pianeta (nessun ambito escluso). I principali motivi che muovevano i contrari a questa nuova competizione erano due: la quantità di introiti generata dalla competizione, che si sarebbero spartiti questi club fondatori, aumentando probabilmente ancora di più il divario tra i grandi club e il resto delle squadre; e la mancanza di meritocrazia, o quantomeno una meritocrazia solo parziale, dato che dei 20 club partecipanti i 15 fondatori avevano accesso garantito alla competizione e solo i restanti 5 posti potevano essere “guadagnati” da altre squadre.

Questi aspetti “etico-morali” sulla vicenda sono stati, giustamente, i primi pensieri dei tifosi. Più curioso il fatto che queste motivazioni così belle e oneste siano state usate in larghissima parte anche dagli organismi vigenti, con una buona dose di ipocrisia che qualche appassionato non ha preso molto bene. Un esempio di ciò è il comunicato ufficiale rilasciato dalla Curva Sud Milano, gli Ultras del Milan (una delle dodici squadre fondatrici), in cui emerge un’opinione negativa verso la competizione neo-creata, ma viene profondamente sottolineato quanto Uefa e Fifa, i primi a utilizzare con forza lo slogan “il calcio è dei tifosi”, siano incoerenti. I supporter rossoneri hanno voluto sottolineare come proprio Uefa e Fifa abbiano agito a più riprese unicamente per motivazioni economiche, ad esempio con i vari errori sulla gestione del fair play finanziario (con alcune squadre penalizzate e altre, che hanno speso molto di più, nemmeno citate) oppure con la scelta di fare i Mondiali 2022 in Qatar, pur sapendo che questa particolare scelta geografica avrebbe costretto ad uno stravolgimento totale del calendario dei club (dato che si giocherà a novembre), essendo a conoscenza delle accuse mosse a questo stato di violazione dei diritti umani nei confronti dei lavoratori che hanno contribuito alla costruzione degli stadi e del fatto che tutte le donne che dovranno recarsi lì per lavoro (giornaliste, membri dello staff delle nazionali, ecc.) dovranno sottostare a delle forti limitazioni che in quello stato solo legge.  


Nonostante le minacce e la forte opposizione di questi organismi, il vero motivo della sospensione di questo progetto sono state le reazioni dei tifosi. I più contrari a questa competizione sono sembrati essere i supporter delle sei inglesi: Arsenal, Tottenham, Chelsea, Manchester United, Manchester City e Liverpool. Quello che in Italia o in Spagna non è stato altro che qualche striscione o qualche post di disappunto sui social, in Inghilterra è stata una vera e propria manifestazione popolare in piazza, che ha portato a ritirarsi proprio le sei squadre britanniche, facendo poi crollare, di conseguenza, tutto il resto del progetto. Questo terremoto calcistico ha quantomeno avuto la funzione di far emergere alcuni dati davvero preoccupanti: nella stagione 19/20 i dodici club fondatori della Superlega hanno perso in totale 1.2 miliardi di euro. Soffermandoci nello specifico alle tre società italiane si può notare come il Milan abbia perso 177 milioni, la Juventus 168 e l’Inter 117. Consideriamo inoltre che la stagione 19/20 è stata condizionata dalla pandemia, che chiaramente ha aggravato la situazione, solo nella sua parte finale, mentre l’attuale stagione ne è stata condizionata nella sua totalità e quindi i dati correnti sono, probabilmente, peggiorati ulteriormente. Il calcio ha una chiara funzione sociale, evidenziata in modo inequivocabile dal forte intervento della politica (Johnson, Macron, Draghi) nella vicenda Superlega.

Alla luce di ciò emerge come il fallimento di una sola di queste dodici società, che insieme vantano circa l’80% dei tifosi nel mondo, sarebbe un disastro che trascenderebbe lo sport. Paradossale, tra l’altro, notare lo sdegno generale nei confronti di questo progetto e delle sue evidenti finalità economiche… Il calcio è diventato una questione principalmente di business già da molto tempo ormai, e non c’è da sorprendersi. I prezzi del calcio negli ultimi anni sono aumentati a dismisura, i giocatori hanno un prezzo di cartellino stratosferico fin da giovanissimi, soprattutto se mostrano un discreto potenziale, pretendono stipendi esorbitanti e commissioni molto alte per i loro agenti. È evidente come questo costante aumento dei costi nel calcio unito al repentino impoverimento delle società causato dalla pandemia siano totalmente incompatibili. Probabilmente la Superlega non era la soluzione giusta ad ovviare a questo problema, ma resta il fatto che questa situazione porterà ad un crollo se non viene contenuta. Che questa semi-rivoluzione sia di monito agli organismi che hanno il potere, questa è la dimostrazione che le società non riescono più ad andare avanti così e servirà agire bene e in fretta se non si vuole rischiare che il calcio muoia.


Un’ultima riflessione sullo scarsissimo rispetto dimostrato in questa vicenda verso gli altri sport. Questa Superlega è stata paragonata a più riprese all’NBA (anche se è una cosa totalmente differente, il paragone avrebbe potuto reggere al massimo con l’Eurolega). La frase simbolo di come spesso il calcio venga messo sopra ogni altra cosa è stata: “Il calcio non è il basket. Nel calcio c’è bisogno che i bambini sognino”. È evidente come in Italia e in Europa nessuno sport sia seguito come il calcio, ma questo non è un valido motivo per sminuire il basket o qualunque altro sport. È fondamentale che i bambini continuino a coltivare i loro sogni e che possano vivere a pieno i sani valori dello sport, e non solo del calcio.

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