Italiane in Champions, storia di un naufragio annunciato: la ricetta per uscire dalla crisi

Tra le 8 squadre di Champions League, non figura nemmeno un’italiana. L’eliminazione di Juventus, Atalanta e Lazio agli ottavi di finale, oltre all’Inter, esclusa già nella fase a gironi, racconta una realtà amara che contraddistingue ormai da anni il calcio italiano e le italiane in Europa. A fare eccezione è la Roma, ancora impegnata in Europa League, mentre il Milan è stato eliminato dal Manchester United non senza attenuanti.


di Sergio Chiesa

I numeri non sono tutto ma, talvolta, bastano a dare un’istantanea della situazione del mondo del pallone in Italia, a confronto con le altre realtà europee. Negli ultimi cinque anni, solo la Juventus (una volta nel 2016-2017) è arrivata in finale, solo la Roma (una volta, nel 2017-2018) è giunta in semifinale in Champions League e tre squadre (Juventus due volte e Atalanta l’anno scorso) hanno superato gli ottavi, fermandosi ai quarti. Il dato è ancor più allarmante se si considerano gli ultimi dieci anni: solo la Juventus ha ottenuto due finali (entrambi perse) e nessun altro club è giunto in semifinale, tranne appunto la Roma di Di Francesco nella stagione 2017-2018.

L’ultimo trofeo alzato da un’italiana risale al 2010, ossia quando l’Inter del Triplete, guidata da un condottiero come Mourinho, riuscì a trionfare a Madrid contro il Bayern Monaco. Sembra passata un’eternità e così è, nel mondo del pallone. Mentre le altre nazioni progrediscono, il calcio italiano ha iniziato un lento declino. E i segnali recenti sono tutt’altro che incoraggianti. 

22 maggio 2010 – Stadio Santiago Bernabeu, pochi istanti prima della vittoriosa finale dell’Inter contro il Bayern Monaco

Negli ultimi dieci anni, la Spagna ha ottenuto 6 vittorie grazie ai cicli incredibili di Barcellona e Real Madrid con tanto di due derby di Madrid in finale. L’ultima finale italiana risale al 2003 (Milan-Juventus) mentre solo due anni fa la Premier League ha potuto festeggiare una doppia finale tutta inglese di Champions League (Liverpool-Tottenham) e di Europa League (Chelsea-Arsenal), a testimonianza del grande blasone e valore che il campionato d’Oltremanica è riuscito a raggiungere, tanto da avere i migliori allenatori in circolazione ma, soprattutto, i migliori giocatori. E come non citare la Germania, con il Bayern Monaco schiacciasassi e il Borussia Dortmund che è riuscito a conquistarsi spazio nell’élite del calcio europeo. Il livello dei giocatori e il tasso di spettacolarità porta introiti ai maggiori campionati che fanno sorridere le proprietà, ne gonfiano le casse ma permettono al contempo di spendere sul mercato e di prendere i talenti più fulgidi. Un circolo vizioso che l’Italia sembra non comprendere.

La Champions League è diventata il palcoscenico del nuovo che avanza: da Mbappé ad Haaland passando per Vinicius e Rodrygo fino a Davies e Foden. Nel mentre, la Juventus si era appigliata come sempre a Cristiano Ronaldo che, nella doppia sfida contro il Porto, ha steccato. L’eliminazione della Vecchia Signora non dipende esclusivamente dal fenomeno portoghese ma l’età avanza per tutti e non è un caso che CR7 e Messi, per la prima volta dal 2004-2005, sono entrambi assenti dai quarti di finale in poi. Un segnale di un’epoca nuova, per i giovani e trascinata dai giovani. La Pulce argentina e il fenomeno portoghese continueranno a segnare ma è necessario pianificare il domani, prima che l’oggi decada inesorabilmente e possa precludere scenari positivi per il futuro. 

La Champions League è diventata il palcoscenico del nuovo che avanza: da Mbappé ad Haaland passando per Vinicius e Rodrygo fino a Davies e Foden

A far riflettere può essere importante ricordare l’eliminazione dell’Inter dalla Champions League: se la Juve ha puntato su un tecnico alle primissime armi come Pirlo e si sia affidata ad un gruppo storico che ha fallito in Europa, il passo falso di Conte è più pesante. Arrivare ultimo in un girone con Real Madrid, Shakhtar Donetsk e Borussia Monchengladbach è una cartina tornasole che non presenta alibi. Gran parte delle colpe sono del mister, incapace di valorizzare giocatori come Eriksen e Sanchez che, nel corso della stagione, sono diventati determinanti e hanno contribuito a rendere l’Inter una squadra formidabile in Italia, con lo Scudetto mai così vicino proprio dai tempi del Triplete. Ed è paradossale che possa arrivare dopo una campagna europea agli antipodi rispetto a quanto fatto dai Mourinho Boys ormai undici anni fa. 

Difficile, invece, chiedere di più ad Atalanta e Lazio che avevano di fronte due corazzate come Real Madrid e Bayern Monaco. C’è la sensazione, confermata anche dalle parole post-gara di ritorno di Gasperini e Inzaghi che entrambe le italiane abbiano facilitato il compito alle avversarie che hanno indotto all’errore (ad esempio Sportiello e Musacchio giusto per citarne due) praticamente senza far pressione. Situazioni che, in Italia, si vedono raramente, men che meno in casa Atalanta e Lazio che padroneggiano e giganteggiano sui campi italiani, a tal punto da lottare ancora per rientrare tra le prime quattro ed ambire al ritorno in Champions League. Per poter pensare di lottare con le big in Europa, serve ragionare da big, apprendere i segreti ‘di campo’ e trasportarli in Serie A, cercando di proporre idee di gioco chiare, definite ma anche variabili a seconda di determinati momenti del match. Ma la strada è lunga e, attualmente, sembra anche in salita un po’ per tutte.

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