Il Panathlon Club Milano e la piaga del match fixing

“Dove c’è scommessa, c’è corruzione”. Quasi una condanna, una vile maledizione dalla quale non riusciamo a ripararci. Che comodamente allontaniamo, pazientemente sopportiamo. Sbrigativamente commentiamo: “non riusciamo”.

Comodo rifugio? Il Panathlon Club Milano allunga fuori il mento e dispone la segnaletica: semaforo verde per le scommesse autorizzate, disco rosso ‘sangue’ per il gioco illegale: 

“I sistemi autorizzati ci aiuteranno a monitorare”… al flusso delle puntate l’ardua vigilanza

A patrocinio dell’incontro di giovedì 30 maggio a Palazzo Lombardia, promosso dal dott. Paolo Bertaccini dell’ufficio Sport del Governo, il presidente Filippo Grassia ha chiarito il punto di vista Panathlon sull’aperta, quanto attuale e spigolosa questione. La discussione sul match fixing (più o meno parafrasandolo: corruzione/manipolazione del risultato sportivo) ha sviscerato la tematica scorrazzando tra le varie esperienze della tavola rotonda in Regione. 

Capo ‘volata’ Paolo Bertaccini, il quale ha dato lustro al programma Amatt (cofinanziato dalla Commissione Europea di formazione specialistica per la prevenzione e il contrasto al match-fixing), al suo fianco Ugo Taucer, Procuratore generale dello Sport Coni, e Marco Befera, responsabile prevenzione corruzione Coni. E ancora nella primissima linea Virginio Carnevali, presidente Trasparency International, e la dott.ssa Caterina Gozzoli, direttrice ASAG.

Una ‘tappa’ snella, anche colorata nonostante le ‘curve’ in chiaro-scuro che un tale argomento poteva scatenare negli animi dei partecipanti. Nei due programmi illustrati – l’Amatt e il T-preg – è emerso il filo conduttore su cui intende incidere il progetto anticorruzione: lo scambio internazionale di informazioni. 

“Un atleta che intende divincolarsi dal match fixing non deve più sentirsi solo, ma parte di un sistema che può isolare la parte corrotta”

Marco Befera nella prima curva di giornata: “C’è corruzione nell’organizzazione dell’evento sportivo (ricordate le Olimpiadi Salk Lake City 2002?), c’è corruzione della performance sportiva …. l’anticorruzione deve rafforzarsi dal lato preventivo”. Opportunamente in scia il Procuratore Taucer: “che prevenzione e repressione dialoghino e non si ignorino”. 

Nell’allungo di Filippo Grassia, infine, il decisivo scatto all’ultima curva: “Prevenzione e repressione. Occorre linea dura da parte di Federazione e Procura dello Sport: no sconti ad atleti e società che incorrono in situazioni di match fixing”. Per anni il mito dell’impunità ha infatti scavalcato regole impossessandosi della realtà. Pene lievi – o invalidate in ultimo grado – hanno contribuito ad abbassare la soglia d’attenzione e diseducare i più giovani rispetto alla lealtà della competizione sportiva. “Gli atleti non temono tanto la giustizia ordinaria e le sue lungaggini, quanto quella sportiva…. in particolare le squalifiche di 2-4 anni, se non la radiazione”. Quale conto salato al match fixing dovrà ancora pagare il nostro calcio? Che intanto già paga il lassismo della Covisoc, divenuta negli anni più un organismo politico che tecnico (e non è un caso che il grande giurista ed economista Victor Uckmar rassegnò le dimissioni da presidente). Stop a salvacondotti per club in default economico, semaforo rosso per le fideiussioni che non siano di banche primarie: “Meno società, ma più sane”. La chiosa del presidente Panathlon a pochi metri dal traguardo….

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