Più gioia che sacrificio, la mente oltre i muscoli. Nel segno di Tortu
Più Berruti che Mennea. Più per la gioia di correre che per il sacrificio di farlo. Testi e ritmo di Filippo Tortu, velocista dalla faccia pulita ma dalla falcata irruente. Esposizione mediatica e lotta al doping, studi e (virtuosa) vita privata. L’inappuntabile Filippo – accompagnato dal padre (e allenatore) Salvino e introdotto dal Generale della Guardia di Finanza Vincenzo Parrinello – ha ‘corso’ per noi le ‘specialità’ della sua carriera soffermandosi su successi passati e ambizioni future. Stuzzicato dal presidente Panathlon Milano, Filippo Grassia, il talento di Tempio Pausania ha garbatamente impreziosito la Conviviale di Ottobre tenutasi presso la sala Gianni Brera al Circolo dei Navigli di Milano.
Nel segno di Berruti e Mennea. Ma dove si colloca Filippo?: “Ho avuto la fortuna di conoscere Mennea, purtroppo ero troppo piccolo per capire chi avevo di fronte – ha confessato Tortu – onestamente mi sento più come Livio (Berruti). Lo sport rappresenta per me un messaggio di gioia e divertimento, che può salvare la vita delle persone, lo percepisco come gioia e piacere personale. Sia chiaro, vige sempre una componente di sacrificio, ma pur sempre minore rispetto al divertimento”.
Tortu ha inoltre ricordato l’esperienza ai recenti Mondiali di Doha. Unico bianco in finale dei 100 metri. Settimo posto – “per me sei arrivato quinto”, l’intervento di Grassia – risultato proficuo per noi, non per lui: “Arrivare in finale era l’obiettivo – ha continuato – ma non mi sento mai pienamente soddisfatto, cerco sempre di migliorarmi. Del resto anche quando sono sceso sotto i dieci secondi non mi sono lasciato cullare”.
La culla del record italiano di tutti i tempi (9,99” sui 100 metri, battuto il record di Mennea dopo quarant’anni) continuerà a dondolarla solo l’opinione pubblica sportiva, almeno fino ai prossimi Mondiali del 2020: “Penso già a Tokyo – ancora Tortu – l’obiettivo è quello di tornare in finale e nel futuro mi vedo certamente sui 200 metri”. La chiosa sul doping, argomento che scotta. Glaciale nello sguardo e nelle parole il velocista: “Un atleta che viene trovato positivo, anche per una sola volta, merita la squalifica a vita. Chi fa uso di sostanze dopanti lo fa solo per soldi…. se lo facesse per gloria, per le medaglie, comunque non potrebbe ritenersi soddisfatto. Chi viene scoperto dovrebbe essere condannato a restituire i soldi guadagnati durante la carriera”. Lo sport è un’altra cosa: vade retro doping.
Viva l’antidoping…
Nel segno dell’antidoping. Argomento serioso, scomodo: per dirla tutta odioso. Ma c’è modo di combatterlo anche ridendoci su. È ancora Filippo Tortu a metterlo alla berlina come merita: “Mi è capitato più volte di essere sottoposto al controllo. All’esame di maturità arrivai tardi a una delle prove perché impegnato con l’antidoping. Ricapitò un’altra volta all’università per lo stesso motivo, dovevo sostenere un esame. Penso allora che il controllo antidoping porti bene alla mia istruzione”. Viva la cultura. Arrivederci alla specialistica…
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