Bugno e Dagnoni, passato e futuro del ciclismo

Sono stati il due volte campione del mondo di ciclismo su strada Gianni Bugno e il presidente del Comitato lombardo della Federciclismo Cordiano Dagnoni gli ospiti della prima conviviale che il Panathlon Club di Milano ha tenuto dal vivo dopo la pausa online dovuta al periodo di lockdown. I due ospiti hanno incontrato i soci del club nel corso di una cena in pieno rispetto delle norme anti-COVID presso lo Sporting Club di Milano 2 lo scorso 17 settembre. A fare da padroni di casa, naturalmente, il presidente del Panathlon meneghino, Filippo Grassia, il neopresidente dell’Area 2 Lombardia, l’avvocato Belloli, e il past president della stessa Area, Fabiano Gerevini.

In apertura di serata, però, è stato David Messina a prendere la scena per presentare la sua ultima fatica letteraria: “Solo stronzate”. Un testo, ha spiegato l’autore, che punta a far sì che il lettore possa riflettere sulle proprie scelte in merito ai media.

Poi, è stata la volta dei due ospiti intervistati dal presidente Grassia. Un bronzo e due ori ai mondiali tra il 1990 e il 1992, un Giro d’Italia vinto con la maglia rosa dal primo all’ultimo giorno, oltre a una Milano-Sanremo e a un Giro delle Fiandre. Gianni Bugno è stato uno dei pochi ciclisti al mondo a raccogliere vittorie importanti sia a tappe sia in linea. E anche dopo il ritiro ha avuto modo di distinguersi dai suoi colleghi. Lui stesso, infatti, ha raccontato di come, sceso dalla bici, ha voluto fare qualcosa di differente prendendo il brevetto di pilota di elicottero, sua passione fin da bambino, e prestare i suoi servigi all’elisoccorso del 118. Un approccio alla vita, dicevamo, differente da quello che in genere è proprio della categoria. Differente come quello che ha con la sua vita passata da sportivo fatta di successi e insuccessi. Quando gli è stato chiesto quale, tra le 72 ottenute in carriera, fosse la sua vittoria preferita e quale la sua sconfitta più cocente, ha spiazzato la platea. “Non esistono queste distinzioni. Dopo tutto una gara ciclistica è semplicemente uno che con della vernice segna una striscia sulla strada. Prima e dopo quella striscia non c’è altro che asfalto”. Una filosofia che da sempre ha accompagnato la carriera dell’ex campione, come ha testimoniato l’altro ospite, Cordiano Dagnoni che con lui ha corso da giovane. Passando, poi, ai particolari della sua carriera, Bugno ha anche spiegato di come sia riuscito a sfruttare al meglio in sella la potenza della sua pedalata per poter concorrere praticamente su qualsiasi terreno. Evidenziando anche le differenze tra il ciclismo dei suoi tempi e quello attuale. “Io correvo tutti i grandi giri e in un anno facevo quasi 100 gare. I ciclisti di oggi fanno selezione e corrono al massimo una cinquantina di volte all’anno”, ha spiegato.

Le domande, poi, si sono spostate sull’attuale presidente del Comitato lombardo della Federciclismo che porta avanti idee concrete per rilanciare lo sport prediletto gin da bambino. Parlando della situazione del mondo della bicicletta, sportiva e non, Dagnoni ha affrontato il discorso impianti di cui l’Italia avrebbe tanto bisogno per poter far crescere il movimento. Impianti, però, per cui ci vorrebbe l’intervento dei privati dal momento che, per esperienza, “la gestione degli impianti da parte del pubblico è sempre molto difficile”. Della situazione del nostro ciclismo ha parlato anche Bugno che ha cercato di spiegare l’assenza di giovani ciclisti italiani di alto profilo con la scomparsa di grandi team nostrani. Impossibile, poi, non fare un cenno al mondiale che si correrà a breve in Italia e alle convocazioni del CT Cassani. Entrambi gli ospiti hanno voluto evitare qualsiasi commento polemico e hanno augurato il meglio per gli Azzurri indicando in Nibali, reduce da un buon allenamento alla Tirreno-Adriatico, l’uomo che potrebbe inserirsi nella lotta per il successo finale.

Infine, Bugno e Dagnoni hanno parlato, non senza qualche critica, degli interventi nelle strade italiane che nelle ultime settimane stanno vedendo sorgere molte piste ciclabili. “Non occorre ghettizzare i ciclisti con delle piste apposite. La bicicletta è un normale mezzo di locomozione e deve avere pari dignità con gli altri sulla strada. Non ho mai visto nessuno suonare a un trattore che va piano, ma ho visto molti farlo a un gruppo di ciclisti anche quando vanno in fila indiana. Non c’è rispetto nei nostri confronti”, ha chiuso il suo intervento Bugno prima del dolce e dei saluti finali.  

Da sottolineare che prima dell’incontro è stata proposta la novità dell’inno del Panathlon Club di Milano composto dal socio Giancarlo Cerutti “sulla falsariga di quello del Liverpool”.

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