Il PC Milano è luogo della memoria
Il Panathlon Club di Milano è un luogo della memoria, ma è anche il posto dove approfondire i temi dell’attualità e della cultura sportiva. Sarà perché il suo presidente è Filippo Grassia, un grande e notissimo giornalista che fa informazione anche quando non lavora per i quotidiani e per Radiorai, sarà per la qualità degli ospiti, sarà per la vivacità della platea, curiosa e stimolante.
di Giancarlo Padovan
Fatto sta che la serata dedicata alla presentazione del libro di Simone Gambino, Ius sanguinis, ius soli – il cricket, la fucina dei nuovi italiani -, ha rappresentato uno dei momenti più alti nel dibattito relativo all’inclusività ed è stata l’occasione per parlare di sport a tutto campo.
Simone, presidente onorario della Federazione Cricket italiana, di cui è stato presidente per trent’anni, dopo averla fondata, è un ottimo scrittore. Ius sanguinis, Ius soli è la prosecuzione del grande romanzo sul cricket, da lui avviato con “Gli anni clandestini”. Quella che racconta Simone è in buona parte la storia della sua vita che s’intreccia, in maniera indissolubile, con lo sport tanto amato, anche perché praticato da ragazzino, seguendo gli insegnamenti del nonno materno, una figura che ha influenzato, da tutti i punti di vista, la crescita e l’educazione d Simone.
Figlio di Antonio Gambino, inviato e notista internazionale del settimanale L’Espresso, quando era una bussola insostituibile dell’informazione italiana, padre di Giulio Gambino, fondatore e direttore di The Post Internazionale, quotidiano online, e di T.P.I., settimanale cartaceo di diffusione nazionale, Simone è una penna raffinata, sorretta da una memoria prodigiosa. Tuttavia, sono indotto a ritenere che Simone quelle esperienze le abbia impresse dentro per averle vissute in maniera intensissima.
Giovedì 14 giugno, nella fastosa cornice del Melia, c’erano altri due ospiti d’eccezione. Beppe Conti, il massimo esperto e narratore di ciclismo vivente, già inviato di Tuttosport e ora alla Rai, e don Alessio Albertini, assistente ecclesiastico nazionale del CSI e prossimo parroco di Trezzo d’Adda. Per me un’autentica rivelazione. Anche se ho frequentato a lungo suo fratello Demetrio, per ragioni professionali, non conoscevo la verve di don Alessio che, sia dal punto di vista oratoriale, sia sul versante della simpatia, è stato trascinante. Non so se esagero, ma ascoltandolo, sia mia moglie che io, abbiamo avuto l’impressioni di essere catturati dalla sua parola, tanto da dirci, al termine della serata, che don Alessio è un vero “pescatore di uomini”, come Gesù aveva detto di essere ai suoi discepoli. Noi, per esempio, d’ora in avanti, andremo a seguire le sue Messe.
Beppe, infine, è stato straordinario con il vantaggio di non essere un passatista. Con molti e lampanti esempi, ci ha spiegato perché il ciclismo di oggi sia di gran lunga più competitivo e, dunque, più difficile di quello di una volta. E perché, nonostante la cattiva fama del passato, la piaga del doping sia stata definitivamente guarita, grazie anche e soprattutto ai numerosissimi controlli prima e dopo le gare, ma anche durante gli allenamenti o nei periodi di riposo.
Non poteva mancare, da un cercatore di perle come lui, la rivelazione storica: la famosa foto di Coppi che passa la borraccia a Bartali (o viceversa) fu “organizzata” e riprodotta da un fotoreporter che voleva proporla come copertina a Sport Illustrato. I due protagonisti assentirono e da allora ad oggi è ancora vivo il dibattito nazionale: chi la passò a chi? Chi aiutò chi? Nessuno. Era pura finzione.
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