L’intervista impossibile con… Ayrton Senna

C’è un bolide rosso che doppia e contro-doppia, nell’anonimo pomeriggio sul pedale che non arretra di un passo. Il contesto inquadra borgo a strapiombo sul mare; l’illusione mette a fuoco pilota fenomenale. 


di Andrea Buonaiuto

A bordo di una ‘Testarossa’, di quelle fine anni ’80: anteriore poco tondeggiante, retro ai limiti di un quadrato. Un’aggressività che si perde nell’espressione di chi guida: viso curato, lineamenti docili, occhi tristi ma di gioia il sorriso. 

Pensa italiano ma l’accento portoghese inquadra il mito nella sua leggenda. Lui è Ayrton…. al volante Senna.

È da un po’ che non ti si vedeva?

“Non c’è cosa più bella di un giro in Ferrari con questi paesaggi. Amo l’Italia, le sue strade e le auto. Le mie origini hanno parte in causa napoletana, da parte di madre”.

Che gran rimpianto non averti visto alla guida della Ferrari…

“Ci siamo andati vicini. Anno 1990, direttore sportivo Cesare Fiorio. Mandò un fax alla mia residenza di Montecarlo durante l’estate. Si trattava di un pre-contratto per le stagioni sportive ’91 e ’92 a cifre mai viste prima. Erano inserite un paio di F40, un’altra Testarossa in regalo”.

Perché non si concluse?

“Fiorio mi voleva, ma l’ostacolo probabilmente era il presidente di allora, che si sentì scavalcato e mandò a monte la trattativa… poi diede colpa alla Fiat”.

La tua vittoria più bella?

“Forse Suzuka ’88, o forse i Granpremio di Montecarlo, probabilmente la realtà è un’altra”.

Ovvero...

“Non c’è nulla che appaghi quanto una Pole position… è come una gara dei 100 metri, dai tutto ciò che hai dentro in quel minuto e mezzo trattenendo persino il fiato durante le curve. L’adrenalina schizza a mille, è il momento più ”alto della Formula1″.

Con Prost compagni di squadra alla McLaren: la rivalità più bella di sempre.

“La migliore cosa che abbiamo mai realizzato io e Alain. Nei campionati ’88 e ’89 siamo in Mclaren, nel ’90 e ’91 lui va in Ferrari, ma la storia non cambia”.

Certamente non cambi tu in gara

“Non esiste curva dove non si possa sorpassare”.

Ti sei pentito di aver speronato di proposito la Ferrari di Prost a Suzuka ’90?

“Ammisi poco tempo dopo di averlo fatto apposta. Adesso mi pento di quella manovra. Lo speronai con la mia McLaren al primo giro e in quell’istante – a un Gp dal termine – mi assicurai la vittoria del Mondiale con entrambi fuori gara. Lo avrei vinto lo stesso senza quella stupida mossa, provavo rancore per i fatti dell’anno prima, sempre a Suzuka”.

Quella volta – entrambi alla McLaren – fu Prost a toccarti per evitare il ‘sorpasso’ per il Mondiale ’89. Che poi si aggiudicò lui.

“Stavo per sorpassarlo ma Alain mi chiuse causando l’incidente e si ritirò dalla corsa”.

Tu invece ti facesti rimettere in pista…

“Ero in corsa per il Mondiale, dovevo farlo…. Vinsi quel Gp e mi squalificarono sostenendo di aver violato i regolamenti per rientrare prima in pista”.

Una manovra politica tra le alte sfere della Fia?

“Fu Balestre (presidente Fia) a volermi fuori in quel contesto. Credo parteggiasse apertamente per Alain”.

Con un giovane Michael Schumacher, ancora scintille …

“Una generazione dopo la mia. Avevamo caratteri differenti ma stessa esuberanza, cattiveria in pista. Vedevo lui come gli altri vedevano me dieci anni prima: un po’ ‘arrogantello’. Avemmo diversi scontri. Lo affrontai a brutto muso: dicendogli addirittura come parlare alla stampa. Ma credo che col tempo avremmo legato”.

I fenomeni alla fine trovano sempre un accordo.

“La vita è troppo breve per avere nemici”.

Rivalità sulle piste, profonda sintonia con le donne…

“Beh non sempre, con la prima moglie mi lasciai prestissimo”.

E Nelson Piquet disse che non ti ‘piacevano’ molto, che avevi interessi ambigui…

“Lo disse per ripicca perché non riusciva a battermi in pista. Io ero ‘programmato’ per vincere, lui no”.

O magari perché avevi frequentato una sua ex moglie?

“Non l’ho frequentata assiduamente ma l’ho conosciuta come donna”.

La storia con Carol Alt?

“La conobbi a Milano, durante una sfilata. Ci fotografarono insieme ma lei non sapeva chi fossi… capì tipo di avere a che fare con un’autista. Si tolse i tacchi vicino a me, non voleva mettermi in imbarazzo con le rispettive altezze. Le dissi che non avevamo molto tempo”.

Poi come andò?

“Uscimmo con la Ferrari. Verso le campagne piemontesi restammo con la benzina a secco ma per fortuna c’era un distributore automatico nei pressi…. ma sai una cosa?

Vai!

“Non sono stato in grado di fare benzina. Per fortuna si accostò una donna di mezza età per ‘soccorrerci’ al distributore. Credo non ci abbia neanche conosciuti. Che figura di m…”.

Il tuo rapporto con la ‘fede’?

“Ti dico questo, Suzuka, sempre Suzuka… questa volta ’88, quando vinsi il primo titolo Mondiale. Durante l’ultimo giro ebbi per la prima volta la sensazione di aver visto Dio”.

Non sarebbe stata l’unica.

“A Imola, il 1° maggio ’94, ormai in Williams, lessi un passo della Bibbia in cui mi si svelava che avrei ricevuto il più bel regalo da Dio quel giorno: Dio stesso”.

Quella monoposto …

“Abitacolo troppo stretto, se mangiavo un panino non c’entravo”.

Beh, per tutti noi è stato un giorno maledetto, tra i più brutti di quel ’94.

“Me ne accorsi subito, appena prima di entrare nella curva del Tamburello, cominciai a girare lo sterzo, ma le ruote non risposero alla sollecitazione. La Williams si sollevò appena fuori pista. Dissi tra me e me: eccomi!”

Lo schianto… si ruppe il piantone dello sterzo mentre una componente dell’auto ti colpì sul capo…

“Sai cosa ricordo maggiormente? Alain Prost… era al posto di commento per la Tv, ormai ritirato dalle corse. Ci sentimmo via radio poco prima”.

E cosa gli dicesti?

“Mi manchi amico mio, torna presto!”.

Commenti

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  1. Mario Buonaiuto

    4 Aprile 2021 at 10:23

    Un articolo bello perché oltre al lato sportivo si è evidenziato anche quello umano

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