Quanto è stato difficile smaltire l’adrenalina dell’atletica a Tokyo!

Speriamo sia solo l’inizio di un grande ciclo, da tramandare di generazione in generazione (e dedicato a chi pensa che l’educazione fisica sia solo una perdita di tempo)


di Philip Grasselli

1° agosto 2021: quest’ultima è diventata una data di quelle davvero memorabili, in cui ti ricordi precisamente dov’eri e cosa stavi facendo.

Abbiamo vissuto in 10 minuti qualcosa di indescrivibile, non abbiamo fatto in tempo a smaltire l’adrenalina per l’oro di Gianmarco Tamberi, condiviso con Mutaz Barshim, che Marcell Jacobs caccia fuori il coniglio dal cilindro della gara dei 100 metri piani.

Andiamo con ordine, perché ho ancora la pelle d’oca mentre scrivo questo pezzo, a mo’ di flusso di coscienza.

Nella finale del salto in alto l’unico grande assente è stato Derek Drouin, oro a Rio 2016 con 2.38 m e bronzo a Londra 2012, non in perfetta forma dopo vari infortuni al tendine d’Achille e alla spina dorsale. Di avversari tosti per Gianmarco ce n’erano e, uno fra questi, è proprio Mutaz Barshim, grandissimo amico al di fuori della competizione e, soprattutto, con un personale di 2.43 m (anche se si presenta con un 2.37 m dei Mondiali di atletica a Doha 2019). In più ci ricordiamo tutti bene dell’urlo di dolore di Gianmarco mentre tentava di superare i 2.41 m a Montecarlo, un movimento assurdo della caviglia d’appoggio distrugge ogni sogno di medaglia per Rio.

È stato un grande testa a testa, perché nel salto in alto non è sufficiente superare l’asticella, ma bisogna vincere con meno errori possibili: a 2.35 m la sfida è ancora a 7, la scrematura avviene proprio con i 2.37 m, con Tamberi, Barshim, Nedasekau che effettuano il salto al primo colpo e con i primi due ancora senza errori. Sang-hyeok, Starc e Harrison decidono di fare compagnia ai primi tre per il micidiale 2.39 m: sorpassare quest’altezza significa medaglia più che ipotecata. Tutti sbagliano, dal primo all’ultimo, ma resta ancora un verdetto da definire: la medaglia d’oro, poiché Barshim e Tamberi sono gli unici ad essere arrivati alla fine con lo stesso numero di errori (3-3). Spareggio a 2.37 m da superare al primo colpo (poi eventualmente 2.35 m, e così via, sulla scia delle altezze superate) o condivisione dell’oro?

“Can we have two gold?” chiede Mutaz al giudice di gara.

“It’s possible” risponde.

E il resto è storia. Il festeggiamento è qualcosa di commovente, mi ha ricordato tantissimo Michael Jordan quando vinse la serie 4-2 contro i Seattle Supersonics nel Father’s Day (16 giugno 1996), con il famoso “I know he’s watching. This is for Daddy”.

Non si fa in tempo a digerire questa storica e pazzesca vittoria che c’è la finale dei 100 metri piani, la Gara con la g maiuscola per quanto riguarda l’atletica alle Olimpiadi e non solo: evento già di per sé storico in quanto nessun italiano prima d’ora è riuscito a raggiungere questa porzione di gara: Marcell Jacobs già aveva ritagliato un posto nella storia con il primato europeo di 9’84” il giorno precedente, una misura da podio sicuro a Rio 2016. Ma già si vede che dentro Marcell ribolle un’energia pazzesca, letteralmente il paradigma de “la potenza è nulla senza il controllo”.

La spettacolare realtà aumentata presente sulla pista durante la presentazione degli atleti fa capire quanto davvero sia solenne questa gara, ha messo pure un botto d’ansia anche a me che stavo sul divano a godermi uno spettacolo di altissimo valore agonistico. 

Primo colpo di pistola del giudice di gara: Zharnel Hughes fa partenza falsa, squalifica immediata. E la tensione sale alle stelle, le partenze false possono tranquillamente frantumare ogni sogno di gloria per un atleta che arriva a questo punto.

Si riparte: tutto buono! Marcell parte leggermente in ritardo, ma poi la sua esplosività micidiale travolge tutti per gli ultimi 60 metri: 9”79 con 0.1 m/s di vento. Quindi 9”80. In curva, in decelerazione, incontra Gianmarco Tamberi, che sta smaltendo ancora questa grande vittoria.

L’abbraccio più bello dello sport italiano. Le lacrime. Il coronamento di un sogno.

Quest’anno abbiamo vissuto dei momenti sportivi e non di elevatissima caratura, dall’Eurovision Song Contest, al Campionato europeo di calcio, alla vittoria del medagliere agli Europei U-23 di atletica, all’Imoco Volley che vince tutto il possibile a livello pallavolistico, a Berrettini vicecampione di Wimbledon, insomma: è tutto così bello, è tutto così meraviglioso e ancora mancano quattro mesi alla fine dell’anno…

Tutti questi successi li dedichiamo anche a chi ha sempre considerato l’attività fisica come inutile perdita di tempo e non educativa. 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *