Naomi Osaka, i media e la battaglia contro la depressione

Naomi Osaka è una tennista giapponese di 23 anni, numero 2 nel ranking mondiale e salita alla ribalta mediatica negli ultimi giorni perché al centro di una vicenda che riguarda da vicino proprio il rapporto tra gli sportivi e i media. 


di Matteo Pifferi – DataSport

All’attivo, Naomi vanta 7 titoli vinti, 4 dei quali sono Grandi Slam: due Australian Open (2019 e 2021) e due US Open, uno nel 2018 e uno nel 2020. Ed è proprio da quello del 2018 che parte la vicenda che poi ci porta all’attualità: a partire dal primo torneo Major vinto a 21 anni, a New York, contro la sua eroina di sempre Serena Williams (tra l’altro non correttissima durante la finale, a tal punto da far piangere la rivale) Naomi Osaka inizia a entrare in un tunnel che si chiama depressione. Un male che colpisce milioni di persone ogni anno e in tutti gli angoli del mondo, non fa distinzione di sesso, ricchezza o chissà cos’altro. E, proprio nel momento in cui Naomi corona il sogno di ogni tennista (vincere appunto uno Slam), inizia a soffrire di depressione, un malessere che ha influito parzialmente sui risultati sportivi (come detto, nel corso dei tre anni successivi sono arrivati tanti titoli, l’ultimo per importanza a gennaio con il successo all’Australian Open), ma che ha portato la giapponese a esporsi in prima persona, cercando di sensibilizzare il numero più alto di persone.

Già, perché la tematica ci porta poi ad analizzare l’attualità: Naomi Osaka si è ritirata dal Roland Garros 2021. “La cosa migliore per il torneo, per gli altri giocatori e per il mio benessere è che mi ritiri, in modo che tutti possano tornare a concentrarsi sul tennis”, ha scritto la giapponese in un comunicato arrivato dopo la vittoria al primo turno contro la romena Tig. “Quando sarà il momento giusto, discuteremo di quello che è meglio per i giocatori, per la stampa e i fan. Non sono una che parla facilmente in pubblico, ho attacchi di ansia prima di parlare con i media”. Ed è proprio il rapporto tra Naomi e i media (francesi, e in questo caso del Roland Garros) che ha scatenato l’ampio dibattito social e degli appassionati. La 23enne era stata anche multata di 15mila dollari e minacciata di squalifica dagli organizzatori del torneo parigino dopo che si era rifiutata di presentarsi e parlare in conferenza stampa dopo il successo al primo turno. 

Un rito, quello della conferenza, che è diventato di fatto ‘obbligatorio’ in ogni sport, non solo per il tennis, ma che lascia trasparire come ci sia più di un’anomalia nel modo di fare comunicazione. Un post sui social, dove Naomi vanta quasi 2 milioni e mezzo di follower solamente su Instagram, veicola un messaggio unidirezionale sì, ma al contempo in maniera decisamente più rapida, immediata, impattante rispetto a un botta e risposta tra giornalista e protagonista in campo. L’intervista, a caldo dopo la partita, è diventato un must e, nel corso degli anni, si è trasformato in una tappa obbligatoria, con l’obiettivo di conoscere le emozioni, le sensazioni, i pensieri del tennista in questione. È altresì evidente come quasi la totalità delle conferenze stampa sia diventata monotona (monocorde, restando in ambito tennistico), con poche domande scomode e con risposte ‘preconfezionate’, che trasmettono un messaggio sia banale, ma anche poco veritiero, per non dire finto, agli occhi dell’appassionato.

La discussione tra i pro e i contro della scelta di Naomi Osaka di ritirarsi si è erroneamente spostata sul lato economico. La giapponese, tra l’altro, negli ultimi 12 mesi è l’atleta (non solo tennista!) più pagata al mondo. Stando a quanto riportato da Forbes, la pandemia non ha intaccato i guadagni che, al contrario, sono aumentati fino ad arrivare a 60 mln di dollari, 23 in più rispetto all’anno scorso, scavalcando così Serena Williams. I soldi non fanno la felicità, direbbe qualcuno. La verità però è un’altra. 

La depressione è una malattia da non sottovalutare che, in tempi recenti, ha colpito anche altri grandi sportivi, uno su tutti Michael Phelps. “Nel 2012 passavo la vita a letto, non volevo vincere. Ho pensato spesso al suicidio, sentirsi bene non vuol dire stare bene”, aveva dichiarato qualche anno fa il più grande nuotatore di tutti i tempi. Discorso simile anche per Gigi Buffon che, nella sua autobiografia, racconta come ha vissuto la depressione. “Era la stagione 2003/04. Non ho mai capito perché proprio allora, perché non prima, perché non dopo. Non ero soddisfatto della mia vita e del calcio. Mi tremavano le gambe, era come se la testa non fosse la mia”. Parole importanti, forti, impattanti. 

Naomi Osaka ha avuto la forza, a nemmeno 24 anni, di non nascondersi, di alzare la mano e chiedere aiuto. E difatti il mondo del tennis, per il momento, si è messo a suo fianco. “Mi dispiace davvero che stia attraversando momenti dolorosi e che soffra psicologicamente. Spero si riprenda. È una giocatrice e un marchio molto importante per il nostro sport, è molto coraggiosa e io la sostengo”, ha dichiarato Novak Djokovic. Rafael Nadal, invece, è stato più diplomatico, rispettando la scelta, ma ammettendo che l’immagine e, in senso lato, i guadagni dei tennisti è tale anche grazie al supporto dei media. Mentre gli organizzatori del Roland Garros, in un comunicato congiunto assieme a Wimbledon, US Open e Australian Open, hanno espresso supporto e possibilità di assistenza durante questo periodo difficile. Ha ragione Novak Djokovic, Naomi Osaka è stata molto coraggiosa. Nel suo malessere psico-fisico, ha avuto la forza ed è riuscita nell’intento di comunicare un messaggio fortissimo per tutti coloro che soffrono e soffriranno di una malattia bistrattata da molti, ma che non fa distinzioni. E che, se non curata con prevenzione e comportamenti adeguati, rischia di segnare una persona per la vita.

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