Italia e Mancini, lo straordinario e l’ordinario

Il pareggio, deludente e a tratti sconcertante, contro l’Irlanda del Nord impone all’Italia di Mancini di sperare nei playoff per non mancare il Mondiale per la seconda volta di fila. La vittoria, facile e convincente, della Svizzera contro la Bulgaria ha permesso agli elvetici il sorpasso all’ultima giornata, costringendo gli Azzurri agli spareggi di fine marzo. Occorre analizzare a mente fredda, qualche giorno dopo il pareggio, per evidenziare cosa funzioni e cosa no dopo il travolgente e meritato trionfo in Inghilterra giusto quattro mesi fa.


di Matteo Pifferi – DataSport

Forse solo in questi giorni si sta iniziando a comprendere la portata dell’impresa e dell’opera straordinaria di Roberto Mancini in estate. Una vittoria davvero meritata, anche sul piano del gioco, anche se i critici non hanno tardato a far notare come, eccezion fatta per i quarti di finale vinti con il Belgio nei 90′, le altre tre vittorie siano arrivate ai supplementari o ai rigori, quando i 90′ si sono conclusi in parità. L’Italia non era fenomenale quattro mesi fa e non debole oggi, anche se a fare la differenza, allora in positivo e oggi in negativo, è la forma fisica di diversi giocatori chiave. Chiesa e Insigne, giusto per citarne due, all’Europeo sono stati devastanti assieme a Barella, con quest’ultimo che ha stretto i denti, ma che non è apparso in buone condizioni sia a Belfast sia contro la Svizzera venerdì scorso. I primi due, invece, non hanno inciso, dando l’impressione di avere i giri del motore limitati. E, se le gambe dei migliori non girano, ne risente inevitabilmente il resto della squadra, con Jorginho che è salito sul banco (social e mediatico) degli imputati per il rigore sbagliato contro la Svizzera, un “what if” che non ha senso alcuno. Il calcio, si sa, è fatto di episodi, ma, nel complesso, la Svizzera ha approcciato al match nel modo più giusto, ‘azzannando’ gli italiani, rimasti a tratti sorpresi e impreparati da un punto di vista agonistico e tattico, non trovando le giuste contromisure.

Ora iniziano i 4 mesi più lunghi e complicati da gestire per Mancini e la sua truppa. Sono tante le domande senza risposta e altrettante le problematiche di una rosa non paragonabile alle migliori d’Europa e del Mondo per profondità – Francia, Brasile, Spagna e Germania sono oggettivamente superiori – anche se, come in ogni competizione sportiva, non è detto che alla fine vinca il più forte, a maggior ragione in un torneo di 7 partite come è accaduto agli azzurri in estate. Alcuni punti deboli – scarsa forma fisica in primis – sono facilmente correggibili, molto dipenderà anche dal sorteggio – c’è il rischio di incontrare, potenzialmente, in finale il Portogallo -, ma un appunto si può fare anche al Mancio: Immobile, assente per infortunio, non è riuscito a incidere, con gol e prestazioni, come fa invece con la Lazio. Motivi facilmente ascrivibili a un lavoro di sacrificio richiesto dal CT e da un gioco diverso impostato negli anni scorsi da Simone Inzaghi e quest’anno da Sarri. Però, è anche vero che il problema attaccanti sta diventando atavico: dietro all’ex Juventus e Torino, ci sono nomi interessanti come Scamacca, Lucca e Colombo, ma il primo non è titolare al Sassuolo e gli altri due sono tra i migliori in Serie B. Un punto di domanda che riguarda anche i club italiani, specialmente i top, che si affidano ai vari Ibrahimovic, Osimhen, Dzeko, Lautaro, Vlahovic e Morata. Tra i migliori in circolazione, vero, ma solo alla Lazio c’è un italiano ed è appunto Immobile. Serve un cambio di mentalità ed è la cosa più difficile. Perché vincere un Europeo è un evento straordinario, ma l’Italia al Mondiale è e deve essere ordinario. Mancarlo per la seconda volta di fila, dopo l’onta di Russia 2018, sarebbe una ferita troppo acuta per poter essere allievata dalla vittoria di Euro2020, oltre al danno d’immagine, economico e progettuale. 

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