Il futuro è sempre più roseo, ma Mancini ha un’ultima magia da compiere

Dopo l’exploit agli Europei, l’Italia ha archiviato la Nations League con un terzo posto che lascia sì l’amaro in bocca, ma evidenzia in maniera ancora più concreta come gli azzurri abbiano certificato uno status di prim’ordine a livello europeo. 


di Matteo Pifferi – DataSport

Con il Mondiale distante poco più di un anno, la sensazione è che, paradossalmente, il meglio debba ancora venire. La vittoria nella finalina della Nations League contro il Belgio è una fotografia onesta dello stato di salute della Nazionale di Mancini. All’Italia manca il talento dei francesi, l’organizzazione tattica maniacale e la tecnica sopraffina della Spagna o il centravanti che Nazionali come Belgio (Lukaku) e Inghilterra (Kane) hanno come uomo copertina. Eppure, Mancini è riuscito a compiere un’impresa, non solo a livello di risultati, ma anche nel risvegliare, nel popolo italiano, un amore per la Nazionale che la disfatta contro la Svezia sembrava aver compromesso. Mancini ha fatto leva sulla forza del gruppo, che è un tratto dell’identità italiana e che nei momenti decisivi non ci ha mai abbandonato. Così è successo agli Europei, così è successo in Nations League, così può succedere anche al Mondiale, in attesa di definire il percorso di qualificazione con il match decisivo con la Svizzera ancora da giocare.

Dando uno sguardo alla rosa e al parco giocatori, l’Italia era inserita, ai nastri di partenza di Euro 2020, alle spalle di Francia, Spagna, Germania, Inghilterra, Portogallo e Belgio, leader del ranking prima della rassegna continentale. Tra gli addetti ai lavori c’era chi confidava in un grande risultato, ma era davvero difficile pensare che si potesse arrivare ad alzare il trofeo sotto il cielo di Wembley che si è tinto di azzurro, inferendo al popolo inglese una sconfitta cocente e difficile da digerire. Tra Euro 2020 e Nations League, si è visto il talento di alcuni giocatori italiani, destinati a costituire il nucleo dell’Italia che verrà: da Donnarumma a Barella, da Locatelli a Chiesa fino a Pellegrini e Zaniolo, quest’ultimo ancora non inserito appieno nel gruppo forgiato da Mancini, ma destinato a recitare un ruolo da protagonista, purché si cali nella parte come hanno fatto tutti gli altri. Oltre a questi 5/6, si aggiungono giocatori molto esperti e navigati come Chiellini, Bonucci, Jorginho, Verratti e Insigne, ma non è da escludere che Mancini possa anche iniziare a convocare giovani leve perché il tecnico di Jesi non ha guardato e non guarda in faccia a nessuno. Basti ricordare che la prima convocazione di Zaniolo è arrivata ancor prima del suo esordio in Serie A o quella di Raspadori agli Europei quando il talentino emiliano era un panchinaro del Sassuolo.

È proprio su questa onda che si inserisce il nome di Lorenzo Lucca, attaccante promettente del Pisa che, dopo un anno di gavetta in Serie C (a Palermo), sta strabiliando la Cadetteria, trascinando i Toscani in vetta alla classifica a suon di gol che gli sono valsi anche la chiamata in Under 21, timbrata, ovviamente, con un gol alla Svezia. Non è ancora il momento di affibbiare etichette e responsabilità sul talentuoso centravanti, paragonato subito a Toni per la stazza fisica e la facilità nel trovare i gol non solo di testa, ma con tutti i fondamentali. Per Mancini l’unico vero problema – se così si può chiamare – è rappresentato dall’assenza di un ‘9’ di caratura internazionale. Immobile è stato criticato agli Europei per alcune prestazioni non brillanti, ma il lavoro del bomber della Lazio è stato decisivo e di primaria importanza in termini di equilibrio e posizionamento del resto della squadra. Detto ciò, Immobile non è Lewandowski, non è Lukaku, non è Kane, non è Benzema. E l’Italia non ha in rosa un attaccante di rilievo dai tempi di Vieri, escludendo poi la parentesi Balotelli durata meno di una giornata di sole in Inghilterra.

Mancini è riuscito a cambiare volto all’Italia, riportandola nell’Olimpo dopo aver toccato il fondo. Ora il CT deve risolvere l’enigma centravanti, per poter ambire a recitare un ruolo da protagonista anche ai Mondiali di Qatar 2022. Non escludendo una possibile scelta drastica, adottata per esempio dalla Spagna di Luis Enrique che ha interrotto il cammino dell’Italia in semifinale nonché la striscia di imbattibilità, meritando ampiamente la vittoria. Senza le punte canoniche – Morata e Moreno -, gli iberici, armati del solito possesso palla ipnotico, hanno ottenuto il successo con un attacco senza punti di riferimento tra Oyarzabal e Ferran Torres, rompendo le certezze difensive azzurre. I potenziali indiziali come falsi nove – Pellegrini o Chiesa – ci sono e Mancini non ha mai avuto paura di sperimentare e uscire dagli schemi, sia da calciatore che, soprattutto, da CT. Nonostante questo dubbio, il bilancio della Nations League ispira fiducia sul futuro. E tra un mese, l’Italia ha un turning point da non sbagliare per strappare con la Svizzera il passaporto per il Qatar e poi impiegare l’anno che resta per alzare l’asticella della qualità.

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